Tikopia

In addition to their islandwide system of multistory orchards and fields, social adaptations sustained the Tikopian economy. Most important, the islanders’ religious ideology preached zero population growth. Under a council of chiefs who monitored the balance between the human population and natural resources, Tikopians practiced draconian population control based on celibacy, contraception, abortion, and infanticide, as well as forced (and almost certainly suicidal) emigration.
Arrival of Western missionaries upset the balance between Tikopia’s human population and its food supply. In just two decades the island’s population shot up by 40 percent after missionaries outlawed traditional population controls. When cyclones wiped out half the island’s crops in two successive years, only a massive relief effort prevented famine. Afterward, the islanders restored the policy of zero population growth, this time based on the more Western practice of sending settlers off to colonize other islands.

In aggiunta al sistema di frutteti e campi su più livelli esteso a tutta l’isola, l’economia di Tikopia era sostenuta da adattamenti sociali. Soprattutto, l’ideologia religiosa degli isolani predicava la crescita demografica zero. Sotto un consiglio di capi che controllava l’equilibrio tra la popolazione umana e le risorse naturali, i Tikopiani praticavano un controllo demografico draconiano basato sul celibato, la contraccezione, l’aborto e l’infanticidio, oltre che con l’emigrazione forzata (e quasi sicuramente suicida).
L’arrivo dei missionari occidentali turbò l’equilibrio tra la popolazione di Tikopia e i loro approvvigionamenti di cibo. In appena due decenni la popolazione dell’isola aumentò del 40%, dopo che i missionari ebbero bandito i metodi tradizionali di controllo demografico. Quando i cicloni spazzarono via metà dei raccolti dell’isola per due anni di seguito, solo un enorme sforzo dei soccorsi impedì la carestia. Successivamente, gli isolani ristabilirono la politica della crescita zero, questa volta basata sulla pratica ben più occidentale di inviare gente a colonizzare altre isole.

(David R. Montogomery, Dirt – The erosion of civilizations, 2007)

Ri(n)voluzioni

From 1970 to 1990 the total number of hungry people fell by 16 percent, a decrease typically credited to the green revolution. However, the largest drop occurred in communist China, beyond the reach of the green revolution. The number of hungry Chinese fell by more than 50 percent, from more than 400 million to under 200 million. Excluding China, the number of hungry people increased by more than 10 percent. The effectiveness of the land redistribution of the Chinese Revolution at reducing hunger shows the importance of economic and cultural factors in fighting hunger. However we view Malthusian ideas, population growth remains critical — outside of China, increased population more than compensated for the tremendous growth in agricultural production during the green revolution.

Dal 1970 al 1990 il numero totale di persone sottonutrite scese del 16%, un calo solitamente attribuito alla rivoluzione verde. Però, il crollo maggiore si ebbe nella Cina comunista, al di là della diffusione della rivoluzione verde. Il numero di cinesi sottonutriti diminuì di più del 50%, da più di 400 milioni a meno di 200 milioni. Escludendo la Cina, il numero di persone sottonutrite aumentò di più del 10%. L’efficacia della ridistribuzione della terra della Rivoluzione Cinese nel ridurre la fame mostra l’importanza dei fattori culturali ed economici. In qualunque modo siano viste le idee malthusiane, la crescita della popolazione rimane critica — al di fuori della Cina, l’aumento di popolazione ha più che compensato la straordinaria crescita della produzione agricola durante la rivoluzione verde.

(David R. Montgomery, Dirt – the erosion of civilizations, 2007)

“La confusione sarà il mio epitaffio”

A: […] Siccome per loro la guerra è la re-li-gio-ne…

B: Ma perché non devono poter pregare?

A: Hanno costruito moschee in tutte le città d’Italia!

B: Tranne a Livorno, allora.

A: Come?

B: [Citando il quotidiano locale di qualche giorno prima] “L’imam chiede la moschea”.

A: E la sinagoga cos’è?

(Frammento di conversazione udita stamattina. Mio malgrado, e non solo per il contenuto.)

Non durerà per sempre

You see, professor, I think you were right with your lesson. Yeah, you told us that things are not going to be so easy as they used to be. Right, we saw that, too. It is what’s happening. You know, I remember when we came here from Yugoslavia. I was a child; I was 10 years old but I remember that very well. It was so different, here. We saw so much wealth: lights and cars and houses and stuff in the supermarkets. Yeah, we had never seen anything like that. In Yugoslavia there was nothing. And so, we were all very happy, but I think we made a big mistake. You know; I remember my grandfather. He was a good man; he could work metals; he could fix pots and pans and sharpen knives. So, he told me that I should learn his job; but I didn’t want to. I was very young; I wasn’t that smart but, see, professor, I think we all made the same mistake. Many of the old folks could do things. Like singing or playing instruments, buying and selling horses. But we can’t do that any more. We didn’t want to learn. We saw all this wealth, here, and we thought that there was no need of working so hard. If there was so much wealth; why couldn’t we share a little of it? We didn’t want to be rich; we just wanted a little – enough to live in peace. And we thought it would last forever. But, you are right, professor, it is not going to last forever. And now we are in trouble.

Vede, professore, penso che lei avesse ragione con la sua lezione. Sì, ci ha detto che le cose non saranno facili quanto lo erano prima. È giusto, anche noi ce ne siamo accorti. È quello che sta accadendo. Sa, mi ricordo quando arrivammo qui dalla Jugoslavia. Ero un bambino, avevo 10 anni ma me lo ricordo molto bene. Era così diverso, qui. Vedevamo tanta ricchezza: luci,macchine, case, roba nei supermercati. Non avevamo mai visto niente di simile. In Jugoslavia non c’era nulla. E così, eravamo tutti molto contenti, ma credo che abbiamo fatto un grosso errore. Mi ricordo mio padre, era un brav’uomo, sapeva lavorare i metalli, sapeva riparare pentole e tegami, e affilare coltelli. Mi diceva che avrei dovuto imparare il suo lavoro, ma non volevo. Ero molto giovane, non ero neppure molto sveglio, ma vede, professore, penso che abbiamo fatto tutti lo stesso errore. Molti dei nostri anziani sapevano fare delle cose, come cantare o suonare degli strumenti, o comprare e vendere cavalli. Ma noi non ne siamo più capaci. Non abbiamo voluto imparare. Qui abbiamo visto tutta questa ricchezza, e abbiamo pensato che non ci fosse bisogno di lavorare tanto sodo. Se c’era tanta ricchezza, perché non avremmo potuto condividerne un po’? Non volevamo essere ricchi, ci bastava solo un po’, abbastanza per una vita tranquilla. E pensavamo che sarebbe durato per sempre. Ma lei ha ragione, professore, non durerà per sempre. E ora siamo nei guai.

(Un Rom a Ugo Bardi, qualche giorno dopo una lezione sul picco del petrolio, riportato in “Gypsies at the peak”, su The Oil Drum: Europe, 2010)


Reinventare l’alienazione

The fact that the ideological distinction is artificial was first spotted by Albert Camus, who pointed out that both Western industrialism and its communist version achieve similar results through similar means – industrialization and specialization of labor. In the 1950s, in Défence de L’Homme Révolté, Camus accurately predicted that if the communist experiment were to fail, this would be misunderstood as an ideological victory by the West.
Camus also indicated a specific failure of both systems: their inability to provide creative, meaningful work. We see this failure in the very high rates of depression. We attempt to define depression as a psychological ailment, but it is a symptom of a cultural failure: the inability to make life meaningful or enjoyable. Depression in the face of depressing circumstances is a symptom of unconscious rebellion. Although the rebellious can and are medicated into submission, this does not address the underlying problem.

Che la distinzione ideologica sia artificiale fu notato per la prima volta da Albert Camus, il quale evidenziò che sia l’industrialismo occidentale che la sua versione comunista raggiungono risultati simili con mezzi simili – industrializzazione e specializzazione del lavoro. Negli anni ’50, in Défence de L’Homme Révolté, Camus predisse con accuratezza che se l’esperimento comunista fosse fallito, ciò sarebbe stato frainteso come una vittoria ideologica dell’Occidente.
Camus indicò anche un preciso fallimento di entrambi i sistemi: la loro incapacità di offrire un lavoro creativo e dotato di significato. Questo fallimento è evidente negli alti tassi di depressione. Si cerca di definire la depressione come un disturbo psicologico, ma è un sintomo di fallimento culturale: l’incapacità di rendere la vita sensata o piacevole. La depressione di fronte a circostante deprimenti è un sintomo di ribellione inconscia. Anche se i ribelli possono essere e sono curati perché si sottomettano, ciò non affronta il problema soggiacente.

(Dmitry Orlov, Reinventing Collapse – The Soviet Example and American Prospects, 2008)

Falsa libertà

The habitual passenger must adopt a new set of beliefs and expectations if he is to feel secure in the strange world where both liaisons and loneliness are products of conveyance. To “gather” for him means to be brought together by vehicles. He comes to believe that political power grows out of the capacity of a transportation system, and in its absence is the result of access to the television screen. He takes freedom of movement to be the same as one’s claim on propulsion. He believes that the level of democratic process correlates to the power of transportation and communications systems. He has lost faith in the political power of the feet and of the tongue. As a result, what he wants is not more liberty as a citizen but better service as a client. He does not insist on his freedom to move and to speak to people but on his claim to be shipped and to be informed by media. He wants a better product rather than freedom from servitude to it. It is vital that he come to see that the acceleration he demands is self-defeating, and that it must result in a further decline of equity, leisure, and autonomy.

Per sentirsi sicuro nello strano mondo dove sia le relazioni che la solitudine sono prodotti dei mezzi di trasporto, il passeggero abituale deve adottare un nuovo insieme di credenze e aspettative. “Riunirsi” per lui significa essere collegati da veicoli. Arriva a credere che il potere politico discenda dalla capacità di un sistema di trasporto, e che in sua assenza sia il risultato dell’accesso allo schermo televisivo. Assume che la libertà di movimento sia un tutt’uno con un diritto alla propulsione. Crede che il livello del processo democratico sia correlato alla potenza dei sistemi di trasporto e  di comunicazione. Ha perso la fede nel potere politico dei piedi e della lingua. Come risultato, ciò che desidera non è più libertà come cittadino ma un miglior servizio come cliente. Non esige la propria libertà di muoversi e di parlare alla gente, ma la pretesa di essere trasferito e informato dai mezzi di massa. Vuole un prodotto migliore, piuttosto che la libertà dall’asservimento al prodotto. È cruciale che arrivi a capire che l’accelerazione da lui richiesta è frustrante, e che inevitabilmente porta ad un ulteriore declino dell’equità, del tempo libero e dell’autonomia.

(Ivan Illich, “Energy and equity”, in Toward a History of Needs, 1977)

Alta Immobilità

Beyond a certain level of energy, used for the acceleration of any one person in traffic, the transportation industry immobilizes and enslaves the majority of nameless passengers, and provides only questionable marginal advantages to an Olympian elite. No new fuel, technology, or public control can keep the rising mobilization of society from producing increased harriedness, paralysis, and inequity.

Oltre un certo livello di energia, impiegato per far muovere più velocemente una qualsiasi singola persona, l’industria dei trasporti immobilizza e riduce in schiavitù la maggioranza dei passeggeri anonimi, e fornisce solo discutibili vantaggi marginali ad un’élite. Nessun nuovo carburante, tecnologia o controllo pubblico possono impedire che la crescente mobilizzazione della società produca un aumento della preoccupazione, della paralisi e dell’iniquità.

(Ivan Illich, “Tantalizing Needs”, in Toward a History of Needs, 1978)

Come un gol in trasferta

Dovrei capitare più spesso dalle parti della rassegna stampa della Camera. Oggi ci sono andato per la prima volta, e ho subito scoperto che

“Le preghiere dette con un malato valgono doppio.”

In caso di parità immagino si vada ai rigori.

Michael Pollan: dal punto di vista delle piante

And agriculture suddenly appeared to me not as an invention, not as a human technology, but as a co-evolutionary development in which a group of very clever species, mostly edible grasses, had exploited us, figured out how to get us to basically deforest the world.

L’agricoltura improvvisamente non mi è apparsa come un’invenzione, come una tecnologia umana, ma come uno sviluppo coevolutivo in cui un gruppo di specie molto intelligenti, per la maggior parte erbe commestibili, ci ha sfruttato, ha scoperto come fare in modo che noi, essenzialmente, deforestassimo il mondo.

(anche con sottotitoli in italiano)

Cosa si è fatto veramente Silvio Berlusconi?

Non starò a parlare di certi video che circolano su YouTube, che vogliono infondere il sospetto (e quindi, nel gergo complottista, “dimostrare” la certezza) del fatto che l’aggressione a Silvio Berlusconi sia una montatura. La mia, se si vuole, è una risposta di metodo: prima di affermare certe cose, persino dei dubbi, vanno cercati dei riscontri, pro o contro: è il caso ad esempio della “misteriosa” busta di plastica nera che si preme sul volto subito dopo l’urto, che si può dimostrare essergli stata donata con dei documenti all’interno da un sostenitore,  appena pochi secondi prima, semplicemente controllando altri video oltre a quelli reperiti su YouTube (ad esempio quelli mostrati da AnnoZero giovedì 17/12).

Vero è, però, che si possono avanzare dei dubbi sull’entità dei danni riportati dal Presidente del Consiglio, o almeno sulla corrispondenza tra quello che è circolato in tv e nei giornali (arrivando anche a parlare di frattura del setto nasale e dello zigomo) e quello che si può osservare nelle immagini dell’evento. La mentalità complottista, allenata dalla messe di cretinate scritte sull’11/9, di fronte al contrasto tra una serie di assunzioni non documentate con precisione (in questo caso, sull’entità delle ferite al premier) e le immagini, è portata a negare le immagini. Pura idiozia, quando piuttosto è ben più facile, e plausibile, demolire le assunzioni fallaci.

Ripartiamo dalla sera di domenica 13/12/2009: dietro il Duomo di Milano Berlusconi incontra da vicino alcuni sostenitori, e riceve sul volto, dall’alto verso il basso, un souvenir del medesimo Duomo lanciato da Massimo Tartaglia. La scorta immobilizza l’uomo, Berlusconi si copre il volto con le mani, entra in macchina, poi prima di allontanarsi esce, montando sul predellino dell’auto, probabilmente per tranquillizzare gli astanti sulle sue condizioni.

Arriva al suo ospedale di fiducia, il San Raffaele, praticamente costruito da lui negli anni ’60, diretto dal suo amico Don Verzé (che nella prima dichiarazione dopo i fatti non manca di invocare imprecisate modifiche alla Costituzione, non si capisce a che scopo e come avrebbero impedito un’aggressione del genere), e in cui lavora come primario del reparto di Anestesia e Rianimazione secondo alcuni, come responsabile sanitario secondo altri, il medico personale di Berlusconi Alberto Zangrillo, che era presente in piazza durante i fatti (non si sa bene se nei pressi del premier, per poter valutare l’entità dei danni riportati).

Alle 20:56 l’agenzia Apcom riporta:

Quindici giorni di prognosi, due denti compromessi, uno dei quali fratturato, infrazione al setto nasale, e ferita lacero contusa al labbro: sono queste le ferite riportate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi colpito al volto da una statuetta del Duomo di Milano lanciata da un uomo al termine del comizio tenuto dal premier in piazza Duomo. E’ quanto ha ricostruito il responsabile sanitario del San Raffaele Alberto Zangrillo. Il premier, medicato al pronto soccorso del san Raffaele, è stato anche sottoposto ad un Tac ed è stato ricoverato in osservazione per 24 ore.

Mentre un articolo di Corriere.it, scritto il 13 e aggiornato il giorno dopo, dice:

Il primo bollettino dell’ospedale parlava di perdita copiosa di sangue con lesione lacero-contusa interna ed esterna e due denti lesi, di cui uno superiore fratturato. Il primario del reparto di anestesia e rianimazione , Alberto Zangrillo, medico di fiducia del premier che si trovava in piazza al momento dell’aggressione, ha poi spiegato che la prognosi è di 20 giorni in quanto la tac ha evidenziato anche una frattura del setto nasale, oltre ad una ferita lacero-contusa che ha richiesto punti di sutura al labbro inferiore.

Repubblica.it, invece, il 14 dicembre, scrive:

Viene portato di corsa in ambulatorio: gli riscontrano un’infrazione al setto nasale, le otturazioni di due denti saltate, una ferita al labbro. Quindici giorni di prognosi, dirà poi ai giornalisti lo stesso Zangrillo, aggiungendo: «Aveva riempito una camicia di sangue. Gli abbiamo dovuto operare una sutura al labbro. Preferisco trattenerlo qui stanotte per potergli fare altri esami»

In tutti i casi i corsivi sono miei. Si noterà che mentre tutti parlano di sutura al labbro (Corriere.it precisa “inferiore”), gli altri dettagli sono discordanti: frattura del setto nasale o più moderata infrazione? E i due denti, sono lesi di cui uno fratturato, o sono solo saltate due otturazioni?

La mattina del 14 dicembre il dottor Zangrillo si presenta alle telecamere per un bollettino medico (qui in video) in cui parla senza mezze misure di frattura del setto nasale, frattura di due denti dell’arcata superiore, e abbassamento dei valori dell’ematocrito dovuti alla copiosa perdita di sangue. Nessun cenno al labbro lacero-contuso e ai relativi punti di sutura.

Sempre il 14 dicembre il viceministro Fazio (di lì a poco neoministro della Salute), dopo aver visitato due volte Berlusconi (la sera dell’aggressione e la mattina del lunedì) dichiara all’ADNKronos:

“E’ stato un colpo molto forte – ha detto Fazio, riferendosi all’aggressione subita dal presidente del Consiglio ieri a Milano – e c’e’ stata anche un’infrazione dell’osso mascellare sotto il setto nasale. Ha passato una notte con molto mal di testa. Insomma, non e’ stata una cosa da poco”.

Fazio usa dei termini tecnici ben precisi, non generici o comuni, come a citare qualcosa che ha letto o sentito nella sua visita al San Raffaele. La frattura si riduce di nuovo ad un’infrazione, e posizionata sull’osso mascellare sotto il setto nasale, molto probabilmente là dove si trova anche la ferita lacerocontusa al labbro superiore, quindi. Non parla invece di denti.

Il 15 dicembre il ministro Maroni presenta in merito ai fatti una relazione al Parlamento. Usando una terminologia decisamente specifica, che sembra citare direttamente da un referto medico, afferma (di nuovo corsivi miei):

Il Presidente Berlusconi veniva colpito al volto, tra la bocca e il naso, riportando gravi ferite e un vistoso sanguinamento. Portato immediatamente presso l’ospedale San Raffaele per le necessarie medicazioni, è stato successivamente ricoverato con una prognosi di venticinque giorni per ferite lacero-contuse al labbro superiore e distacco della porzione più distale della spina nasale ed osso mascellare di sinistra.

La cosa notevole è che cercando tali frasi in rete, questo documento sembra essere l’unico ad usarle. Sembrerebbe quasi che la fonte (il referto)  non abbia mai raggiunto le agenzie di stampa o i giornali, i quali avrebbero quindi riportato sempre e solo una fonte più “informale” nella terminologia come le conferenze stampa del dott. Zangrillo.

Si nota subito la discrepanza con Corriere.it: qui il labbro lacero-contuso è quello superiore, non inferiore. Il danno al naso viene citato con un espressione particolarmente specialistica, peraltro a quanto pare in modo un po’ maldestro, visto che “osso mascellare di sinistra” rimane un po’ lì senza un verbo o un sostantivo che spieghino bene cosa gli è successo. Non si parla affatto di denti, cosa strana perché è probabile che chi ha scritto il discorso a Maroni, con il referto o simili accanto, avrebbe probabilmente rilevato la parte relativa alla dentizione (che ci aspettiamo essere danneggiata) e l’avrebbe riportata al pari delle altre lesioni, essendo di non inferiore entità e sicuramente anche molto evocativa (l’impatto estetico di denti fratturati colpisce naturalmente l’immaginario di chiunque). Su questo punto mi spingo in un’illazione bella e buona, dichiarata, se volete anche offensiva ma certo non inverosimile: Berlusconi ha 73 anni, la stessa età della “Nonna Anna”, sfollata all’Aquila, a cui ha regalato una nuova dentiera. Non è quindi campato in aria pensare che parte della dentizione che ostenta sia in realtà una protesi: sarebbe una spiegazione sufficientemente semplice per la mancanza di informazioni in merito sul documento da cui ha attinto il ministro Maroni.

Quanto al naso, cercando su Google si trova un estratto da una rivista medica in cui si può leggere:

Frattura primitiva del setto nasale: può interessare la sola cartilagine quadrangolare o anche la lamina perpendicolare dell’etmoide. Le fratture possono essere verticali (più frequenti) orizzontali od oblique. Frequenti sopratutto nell’infanzia, sono dovute ad un trauma che agisce dal basso verso l’alto, o viceversa. Si può conseguentemente osservare dislocazione della cartilagine settale dall’articolazione condrovomeriana, lussazione dell’estremo distale della cartilagine dalla spina nasale anteriore e talora frattura della medesima. Successivamente la rinoscopia metterà in evidenza le diverse forme di deviazione.

La dinamica del trauma corrisponde, e la spiegazione sembra rendere un po’ più chiara l’espressione riportata dal ministro: tenendo conto che la spina nasale anteriore è (volgarmente) quella parte di osso frontale che “tende” il naso a mo’ di vela, diciamo quella che vi trovate tra pollice e indice se li infilate ciascuno in una narice, il “distacco della porzione più distale della spina nasale” sembrerebbe essere un danno moderato a quest’ultima, per giunta senza rottura, e non la “frattura del setto nasale” comunemente intesa, quella che si ha con un pugno diretto sul naso, schiacciamento dello stesso, evidente segno di rottura alla base del naso, tra gli occhi, ed emorragia copiosa e difficilmente arrestabile: tutte cose che Berlusconi non sembra avere nelle foto immediatamente successive all’attacco. Quello che voglio intendere è che il danno riportato al naso da parte del Presidente del Consiglio può appartenere, in stretta terminologia medica, all’ampio spettro delle fratture del setto nasale: la sua natura però è di entità ben più lieve di quanto suggerisca l’espressione “setto nasale fratturato” nella vulgata informale, espressione che evoca un trauma ben noto,  particolarmente doloroso e vistoso, di cui peraltro nelle foto non c’è traccia.

Si noti che, nonostante i video complottisti e le elucubrazioni in merito su blog vari, non c’è mai alcuna menzione di tagli o lesioni allo zigomo o alla guancia che avrebbero probabilmente avuto bisogno di punti di sutura al pari della ferita al labbro. La risposta al dubbio che qualcuno ha posto: “ma quella ferita allo zigomo pare finta”, è che con tutta probabilità non si tratta di una ferita,  e soprattutto nessuno ha detto che lo è. Molto più normale che sia semplicemente una macchia di sangue.

Non mi dilungherò sulla stranezza della scarsa rapidità con cui Berlusconi  viene portato via, e che si spiega bene, almeno in gran parte, con i gravi difetti organizzativi che il suo impianto di sicurezza sembra avere, e che risponde direttamente a lui e non ad un caposcorta con preparazione specifica (consiglio la visione di AnnoZero del 17/12 per maggiori approfondimenti su questo punto).

Questa diretta voce in capitolo di Berlusconi sulle azioni del suo apparato di sicurezza, evidenziato anche dalla volontà di uscire all’esterno sul predellino dell’automobile, significa che la “lentezza” con cui il gruppo si allontana della scena può non dipendere solo dall’incompetenza, ma anche da una precisa volontà dell’uomo che alla fine ha l’ultima parola sul da farsi. Questo ben si accorda, uscendo dalla retorica superomistica del “capo” che ferito a morte si solleva come a continuare la pugna, con il fatto che i danni riportati da Berlusconi sembrino tutto sommato di estensione più localizzata (il labbro superiore, l’osso retrostante e forse uno o due denti in prossimità) e di entità più moderata di quanto sia stato creduto sulla base delle immagini, e anche voluto lasciar credere, giocando in parte con i termini successivamente.

Le informazioni raccolte, insomma, suggeriscono uno scenario dove Berlusconi, magari anche forte di un parere del medico forse lì presente, avesse ben chiaro che non c’era “rottura del setto nasale” comunemente intesa, che non c’era “copiosa perdita di sangue” che non si vede affatto nelle immagini, che in generale le sue condizioni permettessero di uscire nuovamente dall’auto con una mossa di sicuro effetto mediatico, ma decisamente irresponsabile da un punto di vista della sicurezza, e di allontanarsi poi senza la fretta richiesta dalle emergenze verso l’ospedale di propria fiducia, in cui persone fidate potessero prendersi cura a dovere non solo della sua salute, ma anche degli effetti giornalistici e, per così dire, “spettacolari” degli aggiornamenti sulla sua condizione.

Tutto questo, ovviamente, è passibile di smentita, correzione e integrazione delle informazioni raccolte ed utilizzate.