Odio per l’orticoltura

Quando esponi nella principale mostra floreale del mondo, ci si attende che tu consideri il giardinaggio come uno dei più grandi piaceri della vita. I progettisti spendono anni a pianificare il loro giardino perfetto per il Chelsea Flower Show ed è tale la popolarità dell’evento che questo è uno dei rari anni in cui i 157000 biglietti non sono stati esauriti in anticipo.

Ma per un gruppo di Pigmei camerunesi che quest’anno partecipano alla mostra, il giardinaggio è un più un tormento che un piacere. Tanto che la loro esposizione è progettata per dimostrare proprio quanto odino il dover coltivare. Sono giunti in Gran Bretagna per aiutare a ricreare la loro foresta pluviale dell’Africa Occidentale per la mostra della Royal Horticultural Society. Il giardino è stato progettato per mostrare come essi siano stati obbligati a coltivare il proprio cibo dagli effetti della deforestazione e del bracconaggio.

Potendo scegliere, non avrebbero mai avuto la necessità di coltivare piante, né da mangiare né per usarle nelle medicine tradizionali, ma hanno dovuto cambiare il proprio stile di vita e convertirsi alla coltivazione semplicemente per sopravvivere. “In passato, non avevamo mai avuto bisogno di coltivare,” ha detto Margerite Akom, una della donne Pigmee che hanno aiutato a creare il giardino a Chelsea. “Ricavavamo tutto ciò che ci serviva dalla foresta. Potevamo cacciare animali da mangiare, e raccogliere piante commestibili. Potevamo anche trovare piante con cui poter ottenere medicine. Ma ora dobbiamo coltivare il cibo da soli.”

I Pigmei delle comunità Baka e Bagyeli in Camerun sono cacciatori-raccoglitori che vagano per le foreste pluviali raccogliendo ciò di cui hanno bisogno per vivere. La distruzione delle foreste da parte di taglialegna, minatori e altri interessi commerciali ha, però, ridotto drasticamente le aree abitate dai Pigmei. In più, molti sono stati fatti traslocare dalle compagnie minerarie. Allo stesso tempo, la diffusa caccia di frodo ha svuotato le foreste degli animali che i componenti delle tribù un tempo catturavano per sfamarsi.

È crollato anche il numero di pesci nei torrenti e nei fiumi che scorrono attraverso le foreste. Là dove prima potevano temporaneamente bloccare un torrente con una diga, e catturare centinaia o anche migliaia di pesci in una mattinata, i Pigmei adesso riescono a prendere una manciata di pesciolini.
I cambiamenti apportati alle foreste pluviali hanno spinto i popoli Pigmei a dedicarsi a molte più colture che nelle precedenti generazioni, invece di raccogliere ciò che serviva dagli alberi e dal suolo delle foreste. […]

Janne Noah, un’altra delle donne Pigmee, ha detto: “Le compagnie minerarie hanno fatto sloggiare molti di noi dalle nostre dimore nelle foreste. Siamo stati spostati a vivere lungo le strade e in aree così piccole che è difficile coltivare abbastanza cibo per sopravvivere. Ci erano stati promessi molti vantaggi come scuole e ospedali ma non li abbiamo avuti. Abbiamo perso la foresta. Stiamo perdendo la nostra cultura e le nostre tradizioni.”
Mathilde Zang ha aggiunto: “Siamo costretti a coltivare piante per sopravvivere, ma quello che davvero vogliamo è tornare al nostro stile di vita tradizionale.”

Chelsea exhibit ‘reveals a hatred of horticulture’ – Gardening, House & Home – The Independent.

(E questo articolo non verrà mai linkato troppo.)